Assemblea condominiale – Luogo – Annullabilità – Art. 69 disp. att. c.c. – Approvazione tabelle millesimali – Tabelle millesimali – Unanimità – Art. 1117 ter c.c. – Modifica destinazione d’uso – Art. 1138 c.c. – Regolamento condominiale
Non si ritiene configurabile alcuna inidoneità morale in relazione alla coincidenza del luogo della riunione con lo studio legale dell’avvocato che aveva già assunto la difesa dei convenuti per l’impugnativa di una precedente delibera.
Per sostenere la validità dell’approvazione delle tabelle ex novo a maggioranza i convenuti hanno invocato l’orientamento giurisprudenziale che, partendo dai principi sanciti da Cass. S.U. 18477/2010, distingue l’atto di approvazione (e revisione) delle tabelle millesimali che abbia funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, per il quale è ritenuta sufficiente la maggioranza qualificata ex art. 1136 co. 2 cod. civ., e l’approvazione (e revisione) della tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese o approvare la diversa convenzione di cui all’art. 1123, primo comma, c.c. che, per la sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei condomini.
Il richiamato orientamento, però, deve ritenersi superato dalla nuova formulazione dell’art. 69 disp. att. come sostituito dall’art. 23, comma 1, della L. 220/2012 che, in linea di principio, per la rettifica o la modifica dei valori espressi nella tabella, richiede sempre l’unanimità, senza alcuna distinzione circa la natura delle tabelle in relazione al fatto che esse deroghino o meno ai criteri legali.
Anzi, l’ultimo comma della disposizione, nell’estendere l’applicabilità delle norme alle tabelle c.d. di gestione, fa espressamente riferimento anche a quelle redatte in applicazione dei criteri legali.
Come sostenuto da autorevole dottrina, anche se il primo comma del novellato art. 69 dip. att. c.c. si occupa espressamente soltanto della “rettifica” o della “modifica” delle tabelle millesimali richiedendo l’unanimità, è ragionevole ritenere che, a maggior ragione, sia necessaria l’unanimità per la loro formazione per la prima volta.
Difettando tale consenso unanime, per la formazione delle medesime tabelle occorre rivolgersi al giudice.
Ne segue l’invalidità della delibera in punto di prima approvazione delle tabelle millesimali in quanto assunta a maggioranza.
Con l’approvazione del punto 2 l’assemblea ha approvato “la destinazione d’uso della corte – cortile – condominiale, incluso il passo carrabile/pedonale e il portico davanti alle scale, tutte parti comuni, affinché sia destinato ad uso esclusivamente residenziale”.
La delibera è stata dichiaratamente assunta ai sensi dell’art. 1117 ter c.c. Tuttavia, la decisione non introduce alcuna modificazione delle destinazioni d’uso delle parti comuni che restano quelle già in atto.
Essa, invece, introduce una limitazione all’utilizzo di alcune parti comuni, escludendo da esso le unità ad uso commerciale.
Siffatta esclusione, in quanto incidente sui diritti sulle cose comuni derivanti dall’attrice dall’atto di acquisto dell’unità a destinazione commerciale, non poteva essere validamente assunta dall’assemblea, neanche riconducendo la delibera all’ approvazione del regolamento condominiale stante le limitazioni operanti anche per esso (art. 1138, quarto comma, c.c.).
Ne segue l’invalidità anche di tale delibera.
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al numero Omissis del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2020 promossa
da
YYYYY (Omissis) con il patrocinio dell’avv. Omissis per procura allegata all’atto di citazione
– attrice –
contro
RRRRR Omissis, ed altri
– convenuti –
Avente ad OGGETTO: impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea del condominio.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
YYYYY, quale proprietaria di un’unità commerciale facente parte del condominio nell’edificio sito in Omissis ha impugnato, citando in giudizio tutti gli altri condomini, le deliberazioni prese in sua assenza dall’assemblea condominiale in data 29/1/2020.
I condomini convenuti si sono opposti all’impugnazione sostenendo la legittimità delle deliberazioni assunte.
1. Va esclusa la ricorrenza del vizio di convocazione dedotto dall’attrice.
Infatti, non si ritiene configurabile alcuna inidoneità morale in relazione alla coincidenza del luogo della riunione con lo studio legale dell’avvocato che aveva già assunto la difesa dei convenuti per l’impugnativa di una precedente delibera.
2. I motivi di impugnazione svolti con riferimento alle singole deliberazioni approvate, invece, sono fondati.
2.1 Con l’approvazione del punto 1) all’ordine del giorno l’assemblea ha approvato a maggioranza le tabelle millesimali di proprietà.
L’attrice contesta l’approvazione a maggioranza in quanto intervenuta a modifica delle precedenti tabelle approvate con la delibera del 17/7/2019 in assenza dei presupposti previsti dall’art. 69, n. 1) e 2) disp. att. c.c. per la deroga alla regola generale dell’unanimità.
I convenuti contestano l’inquadramento della delibera nella modifica di precedenti tabelle, prospettando una rinnovata approvazione ex novo di esse, in sostituzione dell’approvazione fatta, sempre per la priva volta, con la delibera del 17/7/2019 che la stessa attrice ha impugnato.
Tale impostazione è stata condivisa nelle pronunce già intervenute sulla precedente impugnazione delle tabelle, rispetto alla quale la materia del contendere è stata dichiarata cessata proprio in base alla ritenuta natura sostitutiva della rinnovata approvazione.
Tuttavia, l’inquadramento della delibera nella rinnovata approvazione ex novo delle tabelle millesimali di proprietà non esclude la necessità dell’approvazione all’unanimità.
Per sostenere la validità dell’approvazione delle tabelle ex novo a maggioranza i convenuti hanno invocato l’orientamento giurisprudenziale che, partendo dai principi sanciti da Cass. S.U. 18477/2010, distingue l’atto di approvazione (e revisione) delle tabelle millesimali che abbia funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, per il quale è ritenuta sufficiente la maggioranza qualificata ex art. 1136 co. 2 cod. civ., e l’approvazione (e revisione) della tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese o approvare la diversa convenzione di cui all’art. 1123, primo comma, c.c. che, per la sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei condomini.
Il richiamato orientamento, però, deve ritenersi superato dalla nuova formulazione dell’art. 69 disp. att. come sostituito dall’art. 23, comma 1, della L. 220/2012 che, in linea di principio, per la rettifica o la modifica dei valori espressi nella tabella, richiede sempre l’unanimità, senza alcuna distinzione circa la natura delle tabelle in relazione al fatto che esse deroghino o meno ai criteri legali.
Anzi, l’ultimo comma della disposizione, nell’estendere l’applicabilità delle norme alle tabelle c.d. di gestione, fa espressamente riferimento anche a quelle redatte in applicazione dei criteri legali.
Come sostenuto da autorevole dottrina, anche se il primo comma del novellato art. 69 dip. att. c.c. si occupa espressamente soltanto della “rettifica” o della “modifica” delle tabelle millesimali richiedendo l’unanimità, è ragionevole ritenere che, a maggior ragione, sia necessaria l’unanimità per la loro formazione per la prima volta.
Difettando tale consenso unanime, per la formazione delle medesime tabelle occorre rivolgersi al giudice.
Ne segue l’invalidità della delibera in punto di prima approvazione delle tabelle millesimali in quanto assunta a maggioranza.
2.2 Con l’approvazione del punto 2 l’assemblea ha approvato “la destinazione d’uso della corte – cortile – condominiale, incluso il passo carrabile/pedonale e il portico davanti alle scale, tutte parti comuni, affinché sia destinato ad uso esclusivamente residenziale”.
La delibera è stata dichiaratamente assunta ai sensi dell’art. 1117 ter c.c. Tuttavia, la decisione non introduce alcuna modificazione delle destinazioni d’uso delle parti comuni che restano quelle già in atto.
Essa, invece, introduce una limitazione all’utilizzo di alcune parti comuni, escludendo da esso le unità ad uso commerciale.
Siffatta esclusione, in quanto incidente sui diritti sulle cose comuni derivanti dall’attrice dall’atto di acquisto dell’unità a destinazione commerciale, non poteva essere validamente assunta dall’assemblea, neanche riconducendo la delibera all’ approvazione del regolamento condominiale stante le limitazioni operanti anche per esso (art. 1138, quarto comma, c.c.).
Ne segue l’invalidità anche di tale delibera.
3. Le spese seguono la soccombenza.
Per la determinazione del compenso, posto il valore indeterminabile della causa, appaiono adeguati, in rapporto all’oggetto e alla complessità della controversia, i parametri medi previsti dal D.M. 55/2014 per lo scaglione da Euro 26.000,01 a Euro 52.000,00.
Pertanto, va liquidato un compenso di Euro 7.616,00, risultante dalla somma di Euro 1.701,00 per la fase di studio, Euro 1.204,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 1.806,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 2.905, 00 per la fase decisionale.
Poiché i convenuti non hanno partecipato al procedimento di mediazione e non hanno addotto alcuna valida giustificazione al riguardo, ricorrono i presupposti per adottare, in applicazione della disciplina all’epoca vigente (dell’art. 8, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 28/2010 introdotto dal D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dall’art. 84, comma 1, della L. n. 98/2013), una pronuncia di condanna degli stessi (che si sono ritualmente costituiti) al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (Euro 518,00).
P.Q.M.
il Tribunale di Bergamo, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda o eccezione respinta o assorbita
– annulla le deliberazioni prese dall’ assemblea del condominio nell’edificio sito in Omissis nella riunione del 29/1/2020;
– condanna RRRRR ed altri, in solido, al rimborso in favore di YYYYY delle spese processuali che liquida in Euro 608,90 per spese e in Euro 7.616,00 per compenso professionale oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% del compenso e oltre IVA, se dovuta, e CPA;
– condanna RRRRR, ed altri, in solido, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma di Euro 518,00.