CategoriesSentenze Civili

CASSAZIONE CIVILE ORDINANZA N. 17582/2023 DEL 20 GIUGNO 2023

Art. 1117 c.c. – Androne scale – Parte comune – Opposizione decreto ingiuntivo

L’uso di una parte dell’edificio del Condominio XXXXX (nel caso di specie: androne e scale), non è di per sé sufficiente ad ammetterne la comproprietà, da ciò facendone derivare la qualità di condòmino del YYYYY, posto che l’utilizzo può essere frutto dell’autonomia privata a titolo, per esempio, di servitù.

Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, la questione della titolarità comune di una porzione dell’edificio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 cod. civ., non è stata oggetto di accertamento in fatto, anzi nel caso di specie è stata del tutto omessa dal giudice di seconde cure.

La pronuncia, pertanto, merita di essere cassata affinché il Tribunale di Siena, nella persona di diverso Giudice, accerti la sussistenza della titolarità comune di scala e androne e, quindi, il rapporto di accessorietà necessaria, strutturale e funzionale, che lega alcune parti comuni di corpi di fabbrica distinti (Cass. Sez. 2, n. 9976 del 2022; Cass. Sez. 2, n. 884 del 2018), al fine di poter attribuire al YYYYY la qualità di condòmino.

ORDINANZA

sul ricorso 35806-2018 proposto da:

YYYYY, rappresentato e difeso dall’avvocato Omissis, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Omissis;

– ricorrente –

contro

Condominio XXXXX, elettivamente domiciliato in Omissis, presso lo studio dell’avvocato Omissis, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Omissis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 534/2018 del TRIBUNALE di SIENA,

depositata l’8/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2023 dal Consigliere Omissis;

RILEVATO CHE:

1. Con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. Omissis, il Giudice di Pace di Siena – su ricorso del Condominio XXXXX – ingiungeva a YYYYY di pagare la somma di €1.582,22, oltre interessi legali e spese di procedura, dovuta al condominio ricorrente a titolo di saldo per la gestione condominiale ordinaria.

1.1. YYYYY proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo contestando, innanzitutto, la propria natura di condòmino e, nel merito, la legittimità dei calcoli alla base dell’ingiunzione di pagamento, in quanto la ripartizione delle voci di spesa a bilancio non avrebbe seguito il criterio di ripartizione di cui all’art. 1123 cod. civ., bensì quello della divisione in parti uguali.

1.2. Il Giudice di Pace di Siena rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo.

2. YYYYY impugnava dinanzi al Tribunale di Siena la pronuncia del Giudice di Pace, reiterando in appello la sua carenza di legittimazione passiva, nonché la nullità della delibera condominiale, presupposto per l’emissione del decreto ingiuntivo.

2.1. Con sentenza n. 534/2018 qui impugnata, il Tribunale adìto rigettava l’appello. A sostegno della sua decisione osservava il giudice che:

– trattandosi di decreto ingiuntivo emesso sulla base di delibera assembleare ancora efficace al momento della decisione appellata, resta escluso che possa essere sollevata qualsivoglia questione attinente alla validità della delibera nell’ambito dell’eventuale opposizione al provvedimento monitorio, non essendo utile distinguere tra i vizi di annullabilità e di nullità che la potrebbero affliggere; – anche alla luce dei principi resi dalla Corte Suprema di legittimità (v. in particolare Cass. Sez. U., n. 4672 del 23.02.2017) viene in rilievo come il legislatore abbia voluto garantire l’interesse della collettività condominiale considerato prevalente, stabilendo ex art. 1130 cod. civ. e art. 63 disp. att. cod. civ., comma 1, anche in relazione agli artt. 633, 634 cod. proc. civ., il carattere dell’immediata esecutività del decreto ingiuntivo. D’altra parte, è significativo che comunque il legislatore non abbia lasciato il singolo condòmino del tutto privo di tutela, dacché ha attribuito al giudice dell’impugnazione della deliberazione il potere di sospendere l’esecutività della stessa.

3. La pronuncia veniva impugnata dal YYYYY per la sua cassazione, affidando il ricorso a due motivi.

Si difendeva il Condominio XXXXX depositando controricorso.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. – nullità della sentenza per omesso esame di un motivo d’appello, anche in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. Il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia su un espresso motivo di gravame con il quale l’allora appellante aveva censurato la decisione del Giudice di Pace in ordine alla sua qualità di condòmino, chiedendo al giudice di secondo grado di pronunciarsi sull’eccepita carenza di legittimazione passiva e sulla sua qualifica di condòmino del fabbricato di via Omissis. Già in sede di opposizione al decreto ingiuntivo il YYYYY riferiva di utilizzare soltanto una scala del Condominio XXXXX, per raggiungere l’unità abitativa di sua proprietà sita nel condominio di via Omissis. La mancanza di proprietà appartenente al YYYYY nel condominio di via Omissis, fa venire meno l’unico criterio in base al quale l’odierno ricorrente possa essere definito condòmino.

1.1. Preliminarmente, devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal Condominio XXXXX, nel controricorso. La prima inerente al mancato rispetto dell’art. 366, n. 6 cod. proc. civ. (difetto di specificità e autosufficienza): nel caso in esame, come emerge dagli atti del giudizio di merito, cui la Corte accede direttamente in ragione della natura processuale del vizio dedotto, il ricorrente aveva effettivamente contestato in appello la sua legittimazione passiva, dettagliandone le motivazioni (v. Atto di citazione in appello, pp. 5-9).

1.2. Parimenti priva di pregio è la seconda eccezione di inammissibilità, sollevata con riferimento ad entrambi i motivi del ricorso, per doppia conforme, posto che in nessuno dei due motivi si fa riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.

1.3. Tanto premesso, il motivo è fondato. L’uso di una parte dell’edificio del Condominio XXXXX (nel caso di specie: androne e scale), non è di per sé sufficiente ad ammetterne la comproprietà, da ciò facendone derivare la qualità di condòmino del YYYYY, posto che l’utilizzo può essere frutto dell’autonomia privata a titolo, per esempio, di servitù. Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, la questione della titolarità comune di una porzione dell’edificio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 cod. civ., non è stata oggetto di accertamento in fatto, anzi nel caso di specie è stata del tutto omessa dal giudice di seconde cure.

1.4. La pronuncia, pertanto, merita di essere cassata affinché il Tribunale di Siena, nella persona di diverso Giudice, accerti la sussistenza della titolarità comune di scala e androne e, quindi, il rapporto di accessorietà necessaria, strutturale e funzionale, che lega alcune parti comuni di corpi di fabbrica distinti (Cass. Sez. 2, n. 9976 del 2022; Cass. Sez. 2, n. 884 del 2018), al fine di poter attribuire al YYYYY la qualità di condòmino.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1123, 1135, 1136, 1137, e 1421 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., nonché dell’art. 132, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. Il ricorrente censura la sentenza del Tribunale di Siena nella parte in cui non ha ritenuto utile distinguere tra i vizi di annullabilità e di nullità che potrebbero affliggere la delibera.

Orbene, nella ricostruzione del ricorrente, se la delibera presupposta fosse affetta da nullità ne sarebbero derivate conseguenze ben diverse: come, infatti, prospettato dalla Corte Suprema (Cass. n. 16389 del 21.06.2018) il limite della rilevabilità anche d’ufficio dell’invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità. Pertanto, il giudice di appello avrebbe dovuto determinare se la delibera di cui si discute, costituente presupposto della domanda monitoria, fosse o meno affetta da nullità.

2.1. Avendo il Collegio accolto il primo motivo il secondo deve ritenersi assorbito.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso;

dichiara assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Siena in persona di diverso Magistrato, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 7 giugno 2023.