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CASSAZIONE CIVILE ORDINANZA N. 20890/2023 DEL 18 LUGLIO 2023

Art. 1117 bis c.c. – Supercondominio – Costituzione – Art. 1130 c.c. – Art. 1130 c.c. – Legittimazione attiva

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (formatosi con riguardo a fattispecie cui, come quella in esame, non era applicabile ratione temporis la disciplina normativa poi introdotta dalla legge n. 220 del 2012, mediante gli articoli 1117-bis c.c. e 67, terzo e quarto comma, disp. att. c.c.), il cosiddetto supercondominio viene in essere “ipso iure et facto”, ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; sicché il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli artt. 1130 e 1131 c.c. è limitato alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all’edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condomìni, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l’assemblea di tutti i proprietari e l’amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato (Cass.  n. 1366 del 2023;  n. 40857 del 2021; n. 2279 del 2019; n. 19558 del 2013).

ORDINANZA

 sul ricorso iscritto al n. Omissis R.G. proposto da:

YYYYY, elettivamente domiciliato in Omissis, presso lo studio dell’avvocato Omissis, che lo rappresenta e difende

 -ricorrente-                                            

contro

Condominio XXXXX, elettivamente domiciliato in Omissis, presso lo studio dell’avvocato Omissis che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Omissis

                                                                      -controricorrente-

avverso la SENTENZA del TRIBUNALE ROMA n. 9379/2018 depositata il 10/05/2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/06/2023 dal Consigliere Omissis.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1.           YYYYY ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 9379/2018 del Tribunale di Roma, pubblicata il 10 maggio 2018.

Resiste con controricorso il Condominio XXXXX.

2.           La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.

Il ricorrente ha depositato memoria.

3.           Il Tribunale di Roma ha accolto l’appello spiegato dal Condominio XXXXX contro la sentenza resa dal Giudice di pace di Roma il 2 dicembre 2015 ed ha perciò rigettato l’opposizione del condomino YYYYY al decreto ingiuntivo pronunciato il 13 ottobre 2014 dal Giudice di pace su domanda del 19 settembre 2013, avente ad oggetto la riscossione di contributi condominiali inerenti ai lavori di adeguamento dell’autorimessa A, di cui al riparto approvato con delibera assembleare del 13 settembre 2012.

Il Giudice di pace aveva dichiarato la propria incompetenza per valore e dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo opposto, ed aveva altresì rilevato la irritualità della procura conferita dal Condominio, essendo solo dichiarata, ma non provata, la qualità del soggetto munito di potere rappresentativo.

L’appello è stato accolto dal Tribunale di Roma dopo aver superato plurime questioni pregiudiziali, in particolare, per quanto qui rilevi: a) affermando la legittimazione attiva del Condominio XXXXX, costituente un supercondominio (e non dunque del solo “fabbricato Omissis”, come sostenuto dal YYYYY); b) negando che si dovesse procedere alla riassunzione ex art. 50 c.p.c., piuttosto che all’appello, avendo deciso la sentenza del Giudice di pace non solo sulla competenza, ma anche sulla rappresentanza del Condominio; c) accertando che la domanda monitoria aveva il valore  di € 2.476,66 e perciò rientrava nella competenza dell’adito giudice di pace; d) evidenziando che il mandato per il ricorso monitorio depositato il 13 settembre 2013 era stato sottoscritto dall’amministratore pro tempore Omissis, non rilevando ai fini dell’instaurato rapporto processuale che il medesimo Ricciardi fosse poi stato revocato dall’assemblea il 23 giugno 2014 e sostituito dal nuovo amministratore Omissis.

4.           Il controricorrente antepone una eccezione di inammissibilità del ricorso “per violazione dei principi di autosufficienza e di specificità”. L’eccezione, per come formulata, non può essere accolta, in quanto  l’accertamento dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6), c.p.c. deve necessariamente compiersi con riferimento a ciascun singolo motivo di impugnazione, verificandone in modo distinto specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, nonché l’analitica indicazione dei documenti sui quali ognuno si fondi, il che esclude che il ricorso possa essere dichiarato per intero inammissibile, ove tale situazione sia propria solo di uno o di alcuno dei motivi proposti (cfr. Cass. Sez. Unite, n. 16887 del 2013).

Non di meno, deve riconoscersi che i motivi di ricorso si risolvono in una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili di fatto, ed invocano un generico rinnovato esame delle risultanze di causa. 

Il Collegio può dare risposta alle critiche contenute nei motivi di ricorso nei limiti in cui appaia quanto meno soddisfatta l’esigenza di una chiara esposizione delle relative ragioni e le censure consentano di individuare il vizio dedotto e la norma o il principio di diritto che si assume violato, in maniera da sussumere le stesse in una delle categorie logiche contemplate dall’art. 360 c.p.c.

5.           Il primo motivo del ricorso di YYYYY denuncia la violazione degli artt. 75, 77, 81, 99, 100, 101, 112, 132, 157, 159, 643 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 e 24 Cost., 1129, 1130, 1131 e 2697 c.c., il tutto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.

La censura attiene alla perdita di efficacia della procura conferita il 13 settembre 2013 agli avvocati Omissis dall’amministratore Omissis, una volta che quest’ultimo era stato sostituito dal nuovo amministratore Omissis il 23 giugno 2014. 

5.1.        Il primo motivo di ricorso è carente sotto il profilo della specificità, di cui all’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. Con esso il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., indicando diciotto norme di legge di cui lamenta la violazione, senza tuttavia esaminarne il rispettivo contenuto precettivo e raffrontarlo mediante specifiche argomentazioni con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, evidenziandone il contrasto con l’interpretazione che di tali disposizioni fornisce la giurisprudenza o la dottrina (cfr. Cass. Sez. Unite, n. 23745 del 2020).

5.2.        Non ricorre la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto la stessa contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, come d’altro canto conferma la contestuale proposizione di molteplici denunce della violazione di norme di diritto sostanziale, le quali presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame le questioni oggetto di doglianza e le abbia risolte in modo giuridicamente non corretto.

5.3.        Il Tribunale di Roma ha comunque deciso la questione di diritto in oggetto in modo conforme all’orientamento di questa Corte e il motivo non offre elementi per mutare tale consolidata interpretazione giurisprudenziale. 

La procura al difensore rilasciata a margine o in calce al ricorso per decreto ingiuntivo abilita lo stesso al patrocinio non solo nella fase monitoria, ma anche all’eventuale giudizio di opposizione. Ove tale procura sia conferita da un condominio, il mutamento della persona dell’amministratore in corso di causa non ha immediata incidenza sul rapporto processuale che, in ogni caso, sia dal lato attivo che da quello passivo, resta riferito al condominio, operando quest’ultimo, nell’interesse comune dei partecipanti, attraverso il proprio organo rappresentativo unitario, senza bisogno del conferimento dei poteri rappresentativi per ogni grado e fase del giudizio (Cass. n. 27302 del 2020).

Inoltre, il provvedimento giudiziale o la deliberazione assembleare di revoca dell’amministratore del condominio non travolge gli atti compiuti anteriormente dall’amministratore rimosso dall’incarico, i quali non sono viziati da alcuna automatica invalidità, continuando piuttosto a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio (arg. da Cass. n. 454 del 2017).

6.           Il secondo motivo del ricorso di YYYYY denuncia la violazione degli artt. 50 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c., per la irritualità e la intempestività della riassunzione operata dal Condominio XXXXX dopo la declinatoria di competenza pronunciata dal Giudice di pace.

6.1.        Il secondo motivo del ricorso di YYYYY denota una carenza di specifica riferibilità alla sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.

Nel caso in esame, a fronte della dichiarazione di incompetenza e del rilievo di carenza di prova del rappresentante del Condominio XXXXX compiuti dal Giudice di pace, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, lo stesso Condominio non ha proceduto a riassumere il giudizio dinanzi al giudice indicato come competente, prestando acquiescenza alla declaratoria di incompetenza, ma ha impugnato con appello la relativa decisione.

Il Tribunale, avendo reputato fondata la censura relativa alla declinatoria di competenza del giudice di pace, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione al primo giudice, ha così dichiarato erronea la declinatoria di competenza e correttamente deciso sul merito quale giudice d’appello (Cass. n. 33456 del 2019; n. 13623 del 2015; n. 6520 del 2007).

7.           Il terzo motivo del ricorso di YYYYY denuncia la violazione degli artt. 1136, 1137, 1138, 1120, 1421, 1423 c.c. La tesi è: era nulla la delibera del 12 gennaio 2012 e “ogni altra delibera ad essa connessa” (…); “si è costituito in giudizio … il complesso edilizio Omissis 14/16/28, ancorché privo di legittimazione attiva e di carenza ad agire, essendo completamente estraneo al condominio autonomo Azalea 14 e al locale autorimessa”. Si contesta la composizione dell’assemblea del 12 gennaio 2012 che ha approvato i lavori e le relative spese.

7.1.        Anche questo motivo è privo di specificità ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. 

Il Tribunale di Roma ha evidenziato che le deliberazioni con cui erano stati approvati i lavori e ripartite le spese, e sulle quali è fondato il decreto ingiuntivo opposto nel presente giudizio, erano riferibili al Condominio XXXXX.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (formatosi con riguardo a fattispecie cui, come quella in esame, non era applicabile ratione temporis la disciplina normativa poi introdotta dalla legge n. 220 del 2012, mediante gli articoli 1117-bis c.c. e 67, terzo e quarto comma, disp. att. c.c.), il cosiddetto supercondominio viene in essere “ipso iure et facto”, ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; sicché il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli artt. 1130 e 1131 c.c. è limitato alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all’edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condomìni, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l’assemblea di tutti i proprietari e l’amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato (Cass.  n. 1366 del 2023;  n. 40857 del 2021; n. 2279 del 2019; n. 19558 del 2013).

Spetta, comunque all’accertamento del giudice di merito, non sindacabile dalla Corte di cassazione, se non nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., verificare l’appartenenza di un bene ad uno soltanto o a tutti gli edifici compresi in una più ampia organizzazione condominiale (Cass. n. 2623 del 2021).

È comunque tautologica, giacché priva di effettivo valore informativo, l’affermazione del ricorrente secondo cui il locale autorimessa è parte comune del “condominio autonomo Omissise non del superCondominio XXXXX.

Inoltre, l’allegazione che le delibere di approvazione e riparto delle spese inerenti all’autorimessa fossero state adottate con erroneo calcolo delle maggioranze serve a prospettare soltanto un vizio di annullabilità delle stesse, e, alla stregua dei principi enunciati dalla sentenza n. 9839 del 2021 delle Sezioni Unite, tale vizio non poteva essere sindacato dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tali delibere, in mancanza di apposita domanda riconvenzionale di annullamento ex art. 1137 c.c., con conseguente inammissibilità delle censure rivolte dal ricorrente.

8.           Il quarto motivo del ricorso di YYYYY denuncia la violazione degli artt. 88, 91, 94, 96 c.p.c., 1394, 1398, 2043 e 2049 c.c., nonché di “ogni altra norma applicabile”. Si lamenta la temerarietà dell’azione proposta da Marco Riccardi in nome e per conto del complesso Omissis e della difesa assunta dagli avvocati Omissis, “senza possedere la qualità di amministratore” il primo e senza valida procura alle liti i secondi e si fa rinvio alle “gravi e false informazioni” contenute nella comparsa di risposta del 28 dicembre 2014.

8.1. Anche questa censura è inammissibile.

Essa sembra fondarsi sull’art. 94 c.p.c., il quale configura una responsabilità processuale dei rappresentanti e prevede la loro condanna, eventualmente in solido con la parte rappresentata, nei confronti dell’avversario vincitore. L’esame delle precedenti censure ha tuttavia conclamato la integrale soccombenza di YYYYY.

9.           Nella memoria depositata in data 26 maggio 2023, il ricorrente lamenta altresì l’omessa pronuncia sulla eccezione relativa alla “violazione della legge 02/02/1974, n. 64 – provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”. 

Si tratta, però, di questione non compresa tra i motivi enunciati nel ricorso e la memoria di cui all’art. 380-bis.1, c.p.c., al pari di quella prevista dall’art. 378 c.p.c., ha la funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici delle censure già esposte nel medesimo ricorso ritualmente proposto, col quale si “consuma” il diritto di  impugnazione, non potendosi perciò veicolare tramite la memoria “motivi aggiunti”, né integrare quelli originari.

10. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, regolandosi secondo soccombenza in favore del controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore degli avvocati Omissis.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore degli avvocati Omissis.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 giugno 2023.

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CASSAZIONE CIVILE ORDINANZA 20977/2023 DEL 18 LUGLIO 2023

Supercondominio – Contratto per la manutenzione di impianto termico di supercondominio — Terzo responsabile ex art. 31 legge n. 10 del 1991 ─ Risoluzione e risarcimento danni per inadempimento – Certificato Prevenzione Incendi

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. Omissis R.G. proposto da

Condominio XXXXX, rappresentato e difeso dall’Avv. Omissis (p.e.c. indicata: Omissis), con domicilio eletto in Omissis, presso lo studio dell’Avv. Omissis (p.e.c. indicata: Omissis);

– ricorrente –

contro

YYYYY, rappresentata e difesa dall’Avv. Omissis (p.e.c. indicata: Omissis), con domicilio eletto in Omissis, presso lo studio dell’Avv. Omissis  (Omissis p.e.c.: Omissis);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, n. 1721/2019, pubblicata il 30 dicembre 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2023 dal Consigliere Omissis.

CONSIDERATO CHE:

Con sentenza n. 1721/2019, pubblicata il 30 dicembre 2019, la Corte d’appello di Genova ha confermato, con aggravio di spese, la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dal Condominio XXXXX nei confronti della YYYYY, diretta a ottenere la risoluzione del contratto di fornitura e somministrazione di calore e acqua calda, per inadempimento della convenuta, dedotto in ragione di ripetuti malfunzionamenti e disservizi, con la condanna della stessa al risarcimento dei danni.

I passaggi salienti della complessa motivazione sono così schematizzabili.

I) Sintesi delle motivazioni della sentenza di primo grado:

i. la sentenza impugnata ha escluso la responsabilità dell’attuale la sentenza impugnata ha escluso la responsabilità dell’attuale appellata avendo appellata avendo ritenuto che i malfunzionamenti dell’impianto ritenuto che i malfunzionamenti dell’impianto dipendessero dalle infiltrazioni verificatesi nel locale caldaia a loro volta dipendessero dalle infiltrazioni verificatesi nel locale caldaia a loro volta imputabili all’inadeguatezza del locale medesimo, a causa delle imputabili all’inadeguatezza del locale medesimo, a causa delle infiltrazioni in esso presenti (tali da pregiudicare il funzionamento dell’impianto);

ii. tale inadeguatezza non poteva essere imputata a parte tale inadeguatezza non poteva essere imputata a parte convenuta, sussistendo invece un onere di manutenzione dei locali in convenuta, sussistendo invece un onere di manutenzione dei locali in questione a carico del condominio, essendo la convenuta obbligata per questione a carico del condominio, essendo la convenuta obbligata per contratto solo alla manutenzione dell’impianto, e non a quella del locale; né un tale obbligo può desumersi dalla attestazione di corretta né un tale obbligo può desumersi dalla attestazione di corretta esecuzione dell’impianto, riferibile solo al momento dell’installazione,

iii. l’istruttoria orale svolta aveva confermato che l’inadeguatezza l’istruttoria orale svolta aveva confermato che l’inadeguatezza del locale era stata segnalata da parte convenuta all’amministratore di alata da parte convenuta all’amministratore di condominio, oralmente, anche prima della lettera dell’11 dicembre 2012 condominio, (come da dichiarazioni dei testi Omissis);

iv. il malfunzionamento dell’impianto era stato determinato anche da interventi effettuati dal condominio e da singoli condomini, con particolare riferimento alla modifica del camino e della canna fumaria (teste Omissis), nonché alle modifiche dell’impianto di distribuzione dell’acqua calda al quarto piano del condominio (testi Omissis) avendo i testi Omissis confermato che alcuni episodi di malfunzionamento hanno interessato proprio solo i piani alti

v. è dimostrato che lo spegnimento della caldaia è stato determinato anche dalla volontaria interruzione dell’energia elettrica (cfr. testi Omissis);

vi. è provato altresì che parte convenuta ha garantito tempestivi interventi a seguito di ogni segnalazione (testi Omissis)

II) Esame e valutazione dei motivi dell’appello:

i. a fronte di tale analitica motivazione, l’appellante si limita a riproporre apoditticamente le difese già svolte in primo grado; in particolare, in primo luogo, non svolge una specifica censura in ordine all’individuazione delle cause del malfunzionamento dell’impianto;

ii. cerca solamente di indurre in equivoco sull’effettivo contenuto delle pattuizioni contrattuali, ma l’assunzione della prestazione relativa al rifacimento della centrale termica, ivi comprese le opere edili all’uopo necessarie, non può certo implicare l’assunzione del diverso e ulteriore impegno di manutenzione ordinaria e straordinaria del locale caldaia di proprietà del condominio, in modo da prevenire le infiltrazioni di acqua e porre rimedio alle medesime

iii. anche in relazione all’asserita omessa segnalazione dell’originaria inidoneità dei locali, l’appellante non censura in modo specifico la sentenza appellata laddove viene chiaramente indicato che l’attestazione di idoneità del locale poteva riguardare solo il momento in cui venne rilasciata, e non aveva nulla a che fare con inconvenienti verificatisi successivamente, quali appunto le infiltrazioni derivanti da carente manutenzione, cui era tenuto il proprietario

iv. ugualmente, in relazione all’asserita omessa segnalazione delle cause del malfunzionamento, la sentenza appellata afferma chiaramente che essa, in realtà, fu effettuata da YYYYY non solo con la lettera dell’11 dicembre 2012, ma anche oralmente in precedenza, come da dichiarazioni dei testi Omissis, tuttavia l’appellante incentra le proprie censure solo sulla presunta tardività e genericità della lettera suddetta

v. un corretto esame delle deposizioni dei testi Omissis presenti infiltrazioni come quelle che in seguito hanno provocato il malfunzionamento dell’impianto, anche considerato che, in caso contrario, non avrebbe mai potuto essere richiesto, né tanto meno rilasciato il nulla osta dei Vigili del Fuoco

vi. quanto alla concorrente causa rappresentata, secondo il primo Giudice, dalle modifiche dell’impianto di distribuzione dell’acqua calda al quarto piano del condominio, l’appellante, anziché censura re in modo specifico la sentenza appellata, ripropone in modo apodittico le proprie difese sulla questione della data in cui sarebbe intervenuta la sopraelevazione

vii. il rilievo secondo cui non sarebbe stata consegnata da YYYYY tutta la documentazione necessaria al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, indispensabile per l’esercizio della caldaia in conformità alla legge, è smentito dalla documentazione allegata sub 8 alla comparsa di costituzione dell’appellata in primo grado; come correttamente evidenziato dal Tribunale, fu rilasciato il parere favorevole da parte del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco e, se vi fu ritardo nel rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, fu dovuto a un errore commesso dall’ amministratore del condominio nella compilazione della relativa domanda, come risulta dalla dichiarazione del teste Omissis. In ogni caso, se possono esservi stati ritardi burocratici nel completamento della pratica autorizzativa, la documentazione prodotta dimostra che YYYYY si è attivata per quanto di sua competenza , tanto che la caldaia è sempre rimasta in esercizio e infine regolarizzata con la presentazione della SCIA (v. ancora deposizione teste Omissis).

Avverso tale sentenza il Condominio XXXXX propone ricorso per cassazione articolando sette motivi, cui resiste la YYYYY depositando controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RILEVATO CHE:

1. I motivi di impugnazione sono così ivi sintetizzati alle pagg. 2 e 3 del ricorso:

«MOTIVO I (pag. 10): violazione dell’art. 360, comma primo, nn. 1 e 5, cod. proc. civ. per violazione di legge in relazione alla L. n. 10 del 1991, art. 31, comma 2 e del D.P.R. n. 412 del 1993, art. 1, comma 1, lett. o) e per non aver deciso sulla responsabilità relativa alla qualifica di terzo responsabile assunta contrattualmente dalla YYYYY nel rispetto della normativa vigente.

«MOTIVO II (pag. 30): in relazione all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2702 c.c. per avere il giudice d’appello disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali ovvero la confessione della controparte contenuta nella lettera datata 11/12/2012.

«MOTIVO III (pag. 31): in relazione all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., per nullità del procedimento per la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., con riferimento agli artt. 2697 e 2735 cod. civ., per avere la Corte d’appello trascurato di valutare una prova legale acquisita al giudizio e costituita dalla dichiarazione dell’11/12/2012, avente valenza di confessione stragiudiziale e tale, per effetto probatorio suo proprio, di dare piena dimostrazione dell’inadempimento contrattuale.

«MOTIVO IV (pag. 33): in relazione all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti, consistente nella ritardata consegna da parte di YYYYY di tutta la documentazione necessaria al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi e della mancata consegna dello stesso (mai prodotto in atti da controparte) e ciò in violazione dell’art. 1453 cod. civ. in ordine alla configurazione dell’inadempimento e all’art. 2967 c.c. circa l’onere della prova dello stesso.

«MOTIVO V (pag. 38): in relazione all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per travisamento di fatti, per aver attribuito alle dichiarazioni dei testi un valore differente da quello che emerge dagli atti.

«MOTIVO VI (pag. 46): ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 156 comma 2 cod. proc. civ., avuto riguardo alla dichiarata sussistenza di un insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza stessa in punto disciplina delle spese giudiziali;

«MOTIVO VII (pag. 49): con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., per aver disposto la condanna al pagamento di spese per attività mai espletate e già ritenute in motivazione non dovute».

2. Il primo motivo è in parte infondato, in altra parte inammissibile.

2.1. Dalla prolissa illustrazione ─ nella quale, va detto, non trova spiegazione l’eccentrico riferimento in rubrica alle tipologie di vizio di cui all’art. 360, nn. 1 e 5, senza che tuttavia ciò impedisca, come si vedrà, di comprendere l’ubi consistam delle censure (v. Cass. 24/07/2013, n. 17931) ─ si traggono anzitutto le seguenti premesse, svolte attraverso la testuale citazione, osservante dei requisiti di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 2 cod. proc. civ., di interi lunghi brani di documenti ed atti dei giudizi di merito (pagg. 10-24 del ricorso):

─ il contratto intercorso tra le parti prevedeva alla lettera f), e indirettamente anche all’art. 2 lett. L, l’assunzione, da parte di YYYYY, del ruolo di Terzo Responsabile della centrale termica;

─ tale circostanza era stata richiamata: a) dalla stessa convenuta, odierna controricorrente, nella sua comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado; b) dal condominio nell’atto di appello, nel quale in particolare si evidenziava che per tal motivo la società, anche a ritenerla non tenuta a intervenire, aveva comunque l’obbligo, per legge (art. 7, comma 4, d.P.R. 16 aprile 2013 n. 74), di scrivere e sollecitare il soggetto preposto a farlo e si lamentava che il Tribunale non aveva in alcun modo preso in considerazione tale figura nella sua motivazione;

─ su di essa l’appellata aveva preso posizione anche nel giudizio di secondo grado, contestando che gli obblighi connessi all’assunzione di tale ruolo fossero stati disattesi, assumendo, da un lato, che dalle competenze del terzo responsabile esulano compiti di manutenzione del locale caldaia e che nessun obbligo di comunicazione scritta in merito alla necessità di lavori di manutenzione di tale locale era posto a carico del Terzo responsabile (tale obbligo sussistendo solo in merito ai lavori di straordinaria manutenzione dell’impianto), dall’altro, che essa aveva comunque provveduto tuttavia a segnalare tempestivamente e ripetutamente all’amministratore del Condominio XXXXX la presenza di infiltrazioni di acqua piovana all’interno del locale caldaia e la necessità di provvedere alla impermeabilizzazione del predetto locale.

2.2. Poste tali premesse, l’illustrazione del motivo prosegue (pagg. 24 – 30) con la prospettazione dei veri e propri argomenti di critica, che possono sintetizzarsi nelle seguenti proposizioni:

─ erroneamente la Corte d’appello ha avvalorato la ricostruzione offerta dalla parte appellata;

─ essa inoltre ha omesso di motivare, pur dandone atto, sui motivi di doglianza con i quali si era dedotto che era obbligo della YYYYY attendere a «controllo e attuazione di tutto quanto necessario per il raggiungimento dello scopo contrattuale sopra richiamato» e che era anche a carico della YYYYY la revisione dell’impianto elettrico, ciò implicando che «se vi fossero state delle anomalie sul muro parte appellata avrebbe dovuto rendersene conto nel corso dei lavori e degli interventi eseguiti»;

─ la Corte è incorsa in violazione di legge per non aver correttamente qualificato la figura del Terzo Responsabile in capo alla YYYYY, non motivando sull’omessa prova di informazione da parte della YYYYY al condominio;

─ la sentenza impugnata postula una ricostruzione degli obblighi del Terzo responsabile contrastante con quella operata dall’arresto di Cass. n. 13966 del 23/05/2019 e, in particolare, con il principio, ivi affermato, secondo cui «solo le dimissioni dall’incarico, previa formale diffida al proprietario delegante, potevano comportare l’esonero del terzo dalle responsabilità derivanti dall’assunzione di tale veste, non potendo invece bastare né la generica consapevolezza altrimenti acquisita dal proprietario delegante circa eventuali inadeguatezze dell’impianto, né comunicazioni da parte del terzo responsabile cui non abbiano fatto seguito iniziative formali dirette a incidere sul rapporto e sulle connesse responsabilità».

Sostiene in definitiva il ricorrente che, applicando tale principio di diritto, «il numero rilevante degli episodi di malfunzionamento e la loro reiterazione, …, prova … l’inadempimento in cui è incorsa YYYYY perché avendo assunto la … qualifica di Terzo Responsabile, ad ogni disservizio avrebbe dovuto … – cosa mai occorsa – informare il Condominio del problema che aveva determinato il blocco (vuoi allagamento vuoi l’infiltrazione o altro), e avrebbe altresì dovuto – cosa che non ha fatto – indicare la o le tipologie di interventi che riteneva necessari per risolvere il problema e ripristinare l’efficienza dell’impianto; di conseguenza, poi, se il Terzo Responsabile si fosse trovato davanti al mancato riscontro o alla non adesione del Condominio alle sue indicazioni o ordini, avrebbe dovuto diffidare il Condominio ad adempiere o ad intervenire per assicurare, appunto, quegli interventi ritenuti dallo stesso necessari, a spese e costi del delegante. Infine, ed ancora, in caso di inerzia del Condominio debitamente interessato e informato per iscritto e con il rispetto dei requisiti richiesti ex lege nelle comunicazioni del Terzo Responsabile, come da previsione normativa, avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni e avviare quelle procedure necessarie ad intervenire sul contratto, risolvendolo».

2.3. Si ricavano, dunque, da tale illustrazione del motivo, due censure: una prima di omessa motivazione su motivi di gravame (v. supra, par. 2.2., secondo alinea); una seconda di violazione di legge per avere erroneamente operato la ricognizione delle norme in tema di Terzo responsabile di impianto, in particolare con riferimento agli oneri di informazione su di esso gravante e sulle conseguenze della mancata ottemperanza agli ordini di intervento dallo stesso impartititi (v. supra, par. 2.2., terzo e quarto alinea)

2.4. La prima di dette censure è manifestamente infondata.

La Corte d’appello ha compiutamente esaminato il secondo motivo di gravame, riportando analiticamente tutti gli argomenti di critica al suo interno dedotti tra cui anche quelli cui è riferita la doglianza (v. sentenza pag. 3).

Il suo rigetto, motivato dal rilievo che competeva alla YYYYY solo la manutenzione dell’impianto, e non anche quella del locale, e dalla ulteriore considerazione che la detta società aveva segnalato l’inadeguatezza dell’impianto, ha con ciò evidentemente espresso, per implicito, anche un giudizio di infondatezza degli argomenti di critica in questione.

Deve al riguardo ribadirsi che il vizio d’omessa pronuncia – configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto, o il suo assorbimento in altre statuizioni. Ne consegue che tale vizio deve essere escluso in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass. n. 1360 del 26/01/2016; n. 9244 del 18/04/2007; n. 4079 del 25/02/2005; n. 3403 del 20/02/2004).

2.5. La seconda censura è inammissibile.

Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16132/05, 26048/05, 20145/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06, 14752/07, 3010/12 e 16038/13).

In altri termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.

Nella sentenza impugnata non c’è alcun passaggio nel quale venga affrontata la questione dei compiti del Terzo responsabile d’impianto, ragione per cui, a fortiori, inutilmente si andrebbero a perseguirvi affermazioni che evidenzino una erronea ricognizione delle norme che tale figura definiscono, regolandone i compiti, o una falsa applicazione delle stesse alla fattispecie concreta. Né, come detto, il ricorrente le individua.

2.6. Il silenzio sul punto avrebbe, dunque, semmai essere potuto ascritto a vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.), se e in quanto ne ricorressero i presupposti.

Un tale vizio non è, però, dedotto e non sembra ricavabile da una lettura sostanzialistica del motivo.

2.7. In tale prospettiva mette conto comunque osservare che:

─ dalla stessa analitica rassegna degli atti del processo e della relativa cronologia si ricava che, nella domanda introduttiva del giudizio di primo grado, a fondamento della domanda di risoluzione e di risarcimento del danno non era stato posto il fatto che, all’interno del contratto de quo, vi fosse pure l’assunzione, da parte di YYYYY, del ruolo di Terzo responsabile di impianto;

─ la circostanza era stata piuttosto incidentalmente affermata dalla convenuta nella comparsa di costituzione;

─ non risulta essere stata poi dedotta, sia pure tardivamente, nel corso del giudizio di primo grado, né in sede di precisazione delle conclusioni;

— essa era stata poi ripresa dal condominio nell’atto di appello nel quale, come detto, per la prima volta si evidenziava che, in ragione dell’assunzione di tale qualità, la società, anche a ritenerla non tenuta a intervenire, aveva comunque l’obbligo, per legge (art. 7, comma 4, d.P.R. 16 aprile 2013 n. 74), di scrivere e sollecitare il soggetto preposto a farlo e si lamentava che il Tribunale non aveva in alcun modo preso in considerazione tale figura nella sua motivazione.

È però del tutto evidente che tale allegazione forniva alla pretesa un nuovo e diverso fondamento (rispetto a quello inizialmente indicato con riferimento alle altre previsioni del contratto) ed andava dunque a introdurre nel giudizio una domanda nuova.

Per tal motivo la mancata considerazione del fatto in questione verrebbe a rappresentare comunque una omissione priva di decisività, trattandosi di fatto estraneo al perimetro della controversia quale definito dalla domanda introduttiva.

3. Il secondo motivo è inammissibile.

In relazione alla confessione contenuta sulla premessa che la lettera dell’11 dicembre 2012 (quella con la quale per la prima volta per iscritto era stata segnalata da YYYYY al condominio l’inadeguatezza dei locali) conteneva anche una dichiarazione confessoria, si sostiene che, in mancanza di disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione, alla stessa doveva riconoscersi valore di prova legale in merito alla provenienza della dichiarazione e in quanto tale non è soggetta alla libera valutazione del giudice secondo il suo prudente apprezzamento.

Ciò posto si deduce che il giudice di merito è incorso nella violazione delle norme evocate in rubrica per aver posto a base della decisione prove valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, disattendendo così delle prove legali, e per converso per avere considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.

La censura, come detto, è inammissibile, dal momento che, anche in tal caso, non è individuata dal ricorrente, né comunque è dato ricavare dalla lettura della sentenza, alcuna affermazione che evidenzi la violazione delle norme sostanziali e processuali evocate in rubrica, non vedendosi dove la Corte abbia escluso l’autenticità della lettera dell’11 dicembre 2012 e dove e in che senso essa abbia ad essa attribuito un valore probatorio diverso da quello ad essa spettante.

È appena il caso di rimarcare al riguardo che:

— come ricorda lo stesso ricorrente, il valore di prova legale della scrittura privata discendente ex art. 2702 cod. civ. dal suo espresso o tacito riconoscimento da parte di colui contro la quale essa è prodotta, riguarda solo la provenienza della stessa da colui che l’ha sottoscritto, non certo il suo contenuto intrinseco;

— è rimessa al giudice di merito la indagine sul contenuto e sul significato della dichiarazione di volontà di una parte del processo, al fine di accertare se essa concreti o meno una confessione e se sussistano gli elementi della stessa (Cass. n. 1427 del 17/05/1974; n. 62 del 10/01/1972; n. 25 del 05/01/1972; n. 459 del 22/02/1971; n. 1218 del 20/04/1968) e tale valutazione è sottratta al sindacato del giudice di legittimità salvo che per errori giuridici o nella ricognizione fattuale, nei limiti in cui questi sono oggi deducibili ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.: errori nella specie nemmeno dedotti.

4. Il terzo motivo è parimenti inammissibile.

Ancora in relazione al contenuto della lettera di YYYYY dell’11 dicembre 2012 se ne deduce, in subordine, il valore di confessione stragiudiziale ex art. 2735 c.c. e si ricorda che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la stessa può essere liberamente apprezzata dal Giudice di merito a cui compete stabilire la portata della dichiarazione stessa rispetto al diritto fatto valere in giudizio e tale valutazione è sindacabile in cassazione solo se adeguatamente motivata.

Ciò premesso, si lamenta che nella specie sia mancata, nella sentenza impugnata, proprio tale adeguata motivazione.

Anche tale censura non supera, come detto, il preliminare vaglio di ammissibilità.

Come ricorda lo stesso ricorrente la confessione stragiudiziale fatta ad un terzo non ha valore di prova legale, come la confessione giudiziale o stragiudiziale fatta alla parte, e può, quindi, essere liberamente apprezzata dal giudice, a cui compete, con valutazione non sindacabile in cassazione se adeguatamente motivata, stabilire la portata della dichiarazione rispetto al diritto fatto valere in giudizio (Cass. n. 11898 del 18/06/2020; n. 25468 del 16/12/2010; n. 29316 del 15/12/2008).

Trattasi di valutazione prettamente di merito, al pari di quella operata con riferimento ad ogni altro elemento istruttorio.

Come tale è sottratta al sindacato di questa Corte se non per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ..

Nella specie la censura si muove su di un piano certamente diverso, ossia proprio quello della valutazione del mezzo istruttorio e del significato e contenuto intrinseco della dichiarazione, nella vigente disciplina non più consentito a questa Corte.

5. Il quarto motivo è inammissibile.

5.1. Esso investe la sentenza nella parte in cui ha rigettato il settimo motivo di gravame relativo alla mancata consegna, da parte di YYYYY di tutta la documentazione necessaria al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi oltre che del certificato medesimo, sul rilievo che tale circostanza è smentita «dalla documentazione allegata sub 8 alla comparsa di costituzione dell’appellata in primo grado; come correttamente evidenziato dal Tribunale, fu rilasciato il parere favorevole da parte del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco e, se vi fu ritardo nel rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, fu dovuto a un errore commesso dall’Amministratore del Condominio nella compilazione della relativa domanda».

Lamenta il ricorrente che, così motivando, la Corte d’appello «ha posto a fondamento del suo ragionamento non solo un documento che non esiste agli atti perché mai consegnato (il certificato di prevenzione incendi inerente il Condominio XXXXX e la nuova caldaia installata nel 2011), bensì un documento che è estraneo alle parti in causa e in quanto tale del tutto irrilevante».

Rileva, infatti, che il certificato di prevenzione incendi prodotto in atti da controparte è inerente al diverso condominio corrente in Omissis e si riferisce ad un diverso impianto e ad un’epoca diversa.

5.2. Il motivo, il quale deve più correttamente intendersi come volto a denunciare un vizio di «travisamento di prova», è ─ come si diceva ─ inammissibile.

Rimane, infatti, non censurata l’alternativa ratio decidendi sul punto spesa in sentenza, espressiva di un giudizio di sostanziale irrilevanza dell’inadempimento di tale specifico obbligo, secondo cui «in ogni caso, se possono esservi stati ritardi burocratici nel completamento della pratica autorizzativa, la documentazione prodotta dimostra che YYYYY si è attivata per quanto di suo competenza, tanto che la caldaia è sempre rimasta in esercizio e infine regolarizzata con la presentazione della SCIA».

È appena il caso di rammentare al riguardo che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse rationes decidendi, ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata, piuttosto che per carenza di interesse (Cass. n. 2174 del 24/01/2023; n. 13880 del 06/07/2020; n. 14740 del 13/07/2005).

6. Il quinto motivo prospetta tre diverse censure.

6.1. La prima investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha osservato (pag. 4, penultimo capoverso), ad ulteriore giustificazione del rigetto del secondo motivo d’appello, che «ugualmente, in relazione all’asserita omessa segnalazione della cause del malfunzionamento, la sentenza appellata afferma chiaramente che essa, in realtà, fu effettuata da YYYYY non solo con la lettera dell’11 dicembre 2012, ma anche oralmente in precedenza, come da dichiarazioni dei testi Omissis tuttavia l’appellante incentra le proprie censure solo sulla presunta tardività e genericità della lettera suddetta».

Si sostiene, in sintesi, sulla scorta di una trascrizione testuale delle deposizioni dei testi suindicati, che da queste sono tratte informazioni errate, dal momento che nessuno dei testi indicati ha fatto riferimento a date o ad anni.

6.2. Il motivo investe poi la parte della sentenza dove non sarebbe stato specificamente censurato l’accertamento, contenuto nella sentenza di primo grado, del fatto che lo spegnimento della caldaia era stato determinato anche dalla volontaria interruzione dell’energia elettrica (teste Omissis).

Si rileva, al riguardo, che, in realtà, uno specifico motivo di gravame era contenuto alle pagg. 17-18 dell’atto di appello, con il quale si era dedotto che, in realtà, il teste Omissis, aveva escluso categoricamente che l’interruttore fosse stato posizionato in posizione di “OFF” dall’azione umana ed aveva piuttosto dichiarato che ciò fosse dipeso dallo scattare del differenziale per ragioni di sicurezza, e quindi da un’azione meccanica.

6.3. Il motivo, infine, considera un’ulteriore parte della sentenza (pagg. 6 -7) nella quale ─ a giustificazione del rigetto del quarto motivo di gravame (che iterava la tesi dell’inadempimento per non esservi prova delle infiltrazioni, né dell’incidenza causale della sopraelevazione) e poi del quinto motivo (che ancora insisteva nel rilievo della mancata corretta informazione sulle infiltrazioni e sui rimedi da adottare) ─ si osserva che:

─ non è censurata in modo specifico la motivazione della sentenza appellata (che ha ritenuto l’esistenza delle infiltrazioni di acqua quale causa dei malfunzionamenti), ma l’appellante si limita ad affermare apoditticamente che non vi sarebbe prova delle infiltrazioni;

─ non è censurato in modo specifico l’accertamento dell’incidenza causale sui malfunzionamenti di interventi effettuati dal condominio e da singoli condomini (modifica del camino e della canna fumaria, con riferimento alla fioriera posta sulla canna fumaria; modifiche dell’impianto di distribuzione dell’acqua calda al quarto piano del condominio); al riguardo, infatti, l’appellante ripropone in modo apodittico le proprie difese sulla questione della data in cui sarebbe intervenuta la sopraelevazione; e però, da un lato, la deposizione del teste Omissis (amministratore del Condominio) non dice nulla in ordine al momento in cui è stata eseguita la sopraelevazione rispetto all’installazione del nuovo impianto, dall’altro, per quanto esposto nella sentenza appellata, il malfunzionamento è ricollegato non tanto al fatto della sopraelevazione in se stesso, quanto alle modifiche del camino e della canna fumaria, nonché dell’impianto di distribuzione dell’acqua calda;

─ le deposizioni dei testi Omissis dimostravano che il Condominio era consapevole del problema delle infiltrazioni e che tuttavia non vi ha posto rimedio.

Tale parte della motivazione è censurata attribuendo una non corretta lettura delle deposizioni testimoniali richiamate.

7. Nello scrutinio del motivo occorre dunque separatamente considerare le tre distinte censure.

7.1. La prima di esse è inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. poiché non coglie l’effettiva ratio decidendi sul punto spesa in sentenza, che rimane quindi non censurata: ratio rappresentata dal rilievo della aspecificità della censura e, quindi, della sua inammissibilità ex art. 342 cod. proc. civ..

7.2. Analoghe considerazioni valgono per la seconda censura.

Anche in tal caso il ricorrente non coglie l’effettiva ratio decidendi addotta in sentenza.

Questa, invero, come si ricava dalla necessaria lettura contestuale dell’intero primo paragrafo di pag. 4, ha posto ad oggetto della propria disamina, da un lato, una considerazione unitaria e complessiva dei vari e articolati rilievi svolti dal primo giudice e, dall’altro, una considerazione altrettanto unitaria degli argomenti ad essi contrapposti dall’appellante.

In tale contesto, con il rilievo della aspecificità delle censure proposte in ordine alla individuazione delle cause del malfunzionamento il giudice d’appello non intende affatto dire che sullo specifico assunto (nella sentenza del Tribunale) che lo spegnimento della caldaia era stato determinato anche dalla volontaria interruzione dell’energia elettrica non vi fosse un contrapposto specifico rilievo critico, quanto piuttosto che si trattava di questione del tutto priva di rilievo dal momento che restava non specificamente censurata l’altra assorbente ratio decidendi data dal collegamento causale del malfunzionamento alle infiltrazioni presenti nel locale caldaia e agli altri detti interventi del condominio o di singoli condomini.

7.3. Anche la terza censura, infine, si appalesa inammissibile.

Lo è anzitutto con riferimento alle motivazioni poste a fondamento del rigetto del quarto motivo di appello, rappresentate dal rilievo della aspecificità delle censure, delle quali il ricorrente sostanzialmente si disinteressa, non facendole segno di pertinenti critiche.

Ma lo è anche con riferimento alla motivazione addotta a fondamento del rigetto del quinto motivo di appello.

In tale parte il motivo evoca una ipotesi censoria (quella di «travisamento della prova»), in astratto, bensì presente nella giurisprudenza civile di questa Corte, che la identifica tuttavia nell’errore di «percezione» della «informazione probatoria» (ricadente sul contenuto oggettivo della prova demonstratum denunciabile quale error in procedendo , per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.: v., ex aliis , Cass. 12/04/2017, n. 9356 e, da ultimo, Cass. 26/04/2022, n. 12971; 03/05/2022, n. 13918; 06/09/2022, n. 26209; 21/12/2022, n. 37382), tenendo ben fermo che «travisamento delle prove» è nozione distinta da quella di «valutazione delle prove».

Per la sua definizione può farsi riferimento alla giurisprudenza sull’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., la quale ha chiarito che il travisamento della prova non tocca il livello della valutazione, ma si arresta alla fase antecedente dell’errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio.

È errore sul significante, che si traduce nell’utilizzo di un elemento di prova inesistente (o incontestabilmente diverso da quella reale), e non sul significato della prova.

Il travisamento concerne il livello percettivo che precede la valutazione. Quest’ultima interviene in una fase successiva, quando, delimitato il campo semantico o dei segni grafici nella loro materialità, si aprono le diverse opzioni valutative.

Proprio nella consapevolezza di tale distinzione questa Corte ascrive a travisamento di prove ( error in procedendo per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.) solo la postulazione in sentenza di informazioni probatorie che possano considerarsi obiettivamente e inequivocabilmente contraddette dal dato formale percettivo delle fonti o dei mezzi di prova considerati o che, addirittura, risultino inesistenti e dunque sostanzialmente «inventate» dal giudice.

Il criterio da utilizzare per l’individuazione di un siffatto errore è quello stesso dettato dall’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. per la definizione di errore di fatto percettivo (deve cioè trattarsi di una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile ex actis o, come è stato detto, del travisamento di un «dato probatorio non equivoco e insuscettibile di essere interpretato in modi diversi ed alternativi» ed inoltre «decisivo»), distinguendosi da questo solo perché inerente ad un fatto controverso e dibattuto in giudizio.

Orbene, nella specie un siffatto vizio è, come detto, inammissibilmente evocato in ricorso.

È evidente, infatti, che quel che in questa sede viene denunciato non è un errore percettivo ma, ben diversamente, un supposto errore di interpretazione delle dichiarazioni testimoniali ovvero, in sostanza, di valutazione della prova

Deve dunque anche escludersi che, sullo scrutinio della censura, possa interferire la questione da ultimo rimessa al vaglio delle Sezioni Unite con ordinanze interlocutorie della Sezione Lavoro n. 8895 del 29/03/2023 e di questa Sezione n. 11111 del 27/04/2023, in quanto oggetto di contrasto all’interno della giurisprudenza di questa Corte, circa l’ammissibilità, nel vigente ordinamento processuale civile, del c.d. vizio di travisamento di prova nei termini sopra indicati.

8. Il sesto motivo è fondato.

Come invero rilevato dal ricorrente, vi è nella sentenza impugnata, in punto di spese processuali, una insanabile contraddizione tra la motivazione (nella quale così testualmente si afferma: «Ai sensi dell’art. 91 c.p.c. devono pertanto essere poste a carico della parte appellante le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo in favore della parte appellata, ritenendo, quanto alla misura della liquidazione, che, avuto riguardo ai parametri generali di cui all’art. 4 DM 55/2014, sì possano applicare i valori medi dello scaglione di pertinenza della lite, di cui alle tabelle allegate al decreto medesimo, soprattutto in considerazione del livello di difficoltà della controversia e del grado di complessità delle questioni giuridiche affrontate, nonché del valore dell’affare; nulla è dovuto con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, considerando che la fase istruttoria non ha avuto svolgimento e che la fase di trattazione si è immediatamente esaurita con la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni») e il dispositivo (ove invece si statuisce: «Condanna parte appellante a rifondere le spese del presente grado di giudizio liquidate in € 9.515,00 per il compenso relativo alle fasi di studio, introduzione, trattazione e/o istruzione e decisione della causa ex DM 55/14, oltre accessori di legge (IVA, CPA, rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso) in favore della parte appellata»).

Tale contraddizione è irriducibile e non è possibile nemmeno ascriverla a mero errore materiale, in particolare ostando la mancata indicazione del valore della causa. L’importo liquidato di € 9.515,00 corrisponde, infatti, a quello medio liquidabile, sia considerando la fase di trattazione e istruzione per cause di valore compreso tra € 26.001 ed € 52.000, sia non considerando la detta fase ma per cause di valore compreso nello scaglione superiore (da € 52.001 ad € 260.000).

Se la Corte avesse indicato il valore considerato come compreso in detto ultimo scaglione, non avrebbe potuto dubitarsi che la liquidazione, in quanto dichiaratamente parametrata a valori medi, corrispondeva di fatto al criterio indicato in motivazione ed avrebbe pertanto ascriversi il contraddittorio inciso contenuto nel dispositivo a mero ininfluente errore materiale.

In mancanza di quella indicazione tale lettura non è però consentita e il contrasto tra motivazione e dispositivo rimane insanabile, determinando la nullità della sentenza, in parte qua, ai sensi dell’art. 156, comma secondo, cod. proc. civ.

Va in proposito ribadito che il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza non può essere eliminato con il rimedio della correzione dell’errore materiale poiché, non consentendo di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, determina la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 37079 del 19/12/2022; n. 5939 del 12/03/2018; n. 29490 del 17/12/2008).

9. Il settimo motivo resta conseguentemente assorbito.

10. In accoglimento, dunque, del solo sesto motivo, la sentenza impugnata va cassata in relazione e la causa rinviata al giudice a quo, in diversa sezione e diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

accoglie il sesto motivo di ricorso; rigetta il primo;

dichiara assorbito

il settimo motivo e inammissibili i rimanenti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, anche per le spese.

Così deciso in Roma,

a seguito di riconvocazione, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2023