Mandato – Approvazione rendiconto – In mancanza di un rendiconto approvato il credito dell’amministratore non può ritenersi né liquido né esigibile
Così decidendo la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi consolidati in materia, secondo cui il contratto tipico di amministrazione di condominio è comunque riconducibile ad un rapporto di mandato presumibilmente oneroso (v. Cass. Sez. Un. 29/10/2004, n. 20957) e il diritto del mandatario al compenso e al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale (Sez. 2, Sentenza n. 1429 del 08/03/1979; Sez. 3, Sentenza n. 3596 del 28/04/1990); proprio le specifiche norme dettate in materia di condominio, poi, prevedono che l’assemblea sia esclusivamente competente alla previsione e ratifica delle spese condominiali, sicché in mancanza di un rendiconto approvato il credito dell’amministratore non può ritenersi né liquido né esigibile (Sez. 2, Sentenza n. 14197 del 2011; Sez. 2 – , Ordinanza n. 7874 del 19/03/2021).
ORDINANZA
sul ricorso Omissis proposto da:
YYYYY, nella qualità di eredi di Omissis, elettivamente domiciliati in Omissis, presso lo studio dell’avv. Omissis che li rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;
– ricorrenti –
contro
Condominio XXXXX, in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Omissis, presso lo studio dell’avv. Omissis che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso, con indicazione dell’indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1614/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/05/2023 dal consigliere Omissis;
letta la memoria dei ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n.1614 del 2018, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello del Condominio XXXXX ha rigettato la domanda di Omissis, dante causa degli attuali ricorrenti, diretta ad ottenere il pagamento della somma dovutale a titolo di compenso per l’attività svolta quale amministratrice negli anni 2009 e 2010.
Il condominio aveva rappresentato che con sentenza del Tribunale di Roma del 16 luglio 2015, Omissis era stata condannata alla restituzione della somma di Euro 39.802,42 corrispondente agli importi, non registrati in modo regolare, versati dall’ Omissis e da alcuni condomini e che in conseguenza non risultava approvato alcun rendiconto relativo alla sua gestione.
La Corte d’appello ha ritenuto, pertanto, che correttamente il Condominio avesse rifiutato di pagare il compenso, perché il compenso per l’attività gestoria è comunque una spesa che necessita di preventiva deliberazione e approvazione quale voce del relativo bilancio e mancava la prova del corretto adempimento degli obblighi di rendiconto per gli esercizi di amministrazione.
Avverso questa sentenza YYYYY, eredi di Omissis deceduta nelle more del giudizio, hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il condominio ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve darsi atto che infondatamente il Condominio ha eccepito il difetto di prova della qualità di eredi dei ricorrenti.
YYYYY hanno tempestivamente documentato, con memoria depositata oltre un mese prima dell’odierna udienza in camera di consiglio (alla fattispecie si applica ratione temporis il nuovo testo dell’art. 372 cod.proc.civ., ex art. art. 35, comma 6 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197), non soltanto di essere eredi, ma anche la conoscenza del controricorrente di tale loro qualità: proprio dal Condominio, infatti, è stato eseguito, nei loro confronti, un atto di pignoramento immobiliare in cui è dato atto del decesso della dante causa Valente Petri, della intervenuta successione legittima e della proprietà del bene staggito in capo a loro, per successione dalla madre; con il Condominio, peraltro, è anche stata stipulata da loro, nella qualità, una transazione.
1. Con il primo motivo, articolato in più profili, gli eredi hanno sostenuto la nullità della sentenza ex art. 360 comma I numero 4 cod. proc. civ. «per errata valutazione delle prove e dei documenti e omesso ed erroneo esame delle risultanze probatorie» (così in ricorso), nonché, ex numero 5, l’erronea considerazione di decisività di fatti invece estranei al giudizio. La Corte territoriale avrebbe infatti erroneamente ritenuto rilevante la sentenza del 16 luglio 2015 resa dal Tribunale di Roma nel separato giudizio, per essere ancora pendente l’appello e, in conseguenza, per essere ancora sub iudice la questione della registrazione erronea di alcune partite nel rendiconto; avrebbe altresì erroneamente equiparato la mancata approvazione dei bilanci regolarmente presentati alla mancata presentazione di rendicontazione.
2. Con il secondo motivo è stata prospettata la violazione e falsa applicazione, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., degli articoli 1713 e seguenti cod. civ. per avere la Corte d’appello fondato il rigetto della domanda di Valente Petri sull’irregolarità accertata nel diverso giudizio, peraltro soltanto in primo grado, senza considerare che l’amministratrice aveva comunque provato di avere esperito il suo mandato con conseguente diritto al compenso pattuito.
3. Entrambi i motivi, esaminabili congiuntamente per continuità di argomentazione, sono infondati.
Premesso che alla fattispecie non è applicabile, ratione temporis, la disciplina del condominio negli edifici come introdotta con la legge 11/12/2012 n. 220, deve dunque considerarsi che comunque, anche ai sensi dei n. 2 e 3 dell’art. 1135 cod. civ. nella formulazione vigente all’epoca dei fatti per cui è giudizio, il compenso dell’amministratore del condominio, costituendo una spesa a carico del condominio, era una voce del relativo bilancio che necessitava di approvazione in sede di deliberazione concernente il consuntivo spese.
Nella specie, dunque, è incontestato tra le parti, attesa la pendenza del giudizio conclusosi in primo grado con la sentenza del Tribunale di Roma del 16 luglio 2015, che i rendiconti annuali di gestione a cui l’amministratore era tenuto ex comma II dell’art. 1130 cod. civ. vigente all’epoca, per entrambi gli anni di incarico, non sono stati approvati perché sono state riscontrate irregolarità di registrazione di alcune voci.
Conseguentemente, con la sua prima ratio decidendi, in sé già sufficiente, la Corte ha fondatamente escluso il diritto al compenso dell’amministratrice Violante Petri perché il credito non era munito del necessario requisito di liquidità ed esigibilità in mancanza di regolare approvazione del rendiconto di gestione relativo agli anni in cui è maturato.
Così decidendo la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi consolidati in materia, secondo cui il contratto tipico di amministrazione di condominio è comunque riconducibile ad un rapporto di mandato presumibilmente oneroso (v. Cass. Sez. Un. 29/10/2004, n. 20957) e il diritto del mandatario al compenso e al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale (Sez. 2, Sentenza n. 1429 del 08/03/1979; Sez. 3, Sentenza n. 3596 del 28/04/1990); proprio le specifiche norme dettate in materia di condominio, poi, prevedono che l’assemblea sia esclusivamente competente alla previsione e ratifica delle spese condominiali, sicché in mancanza di un rendiconto approvato il credito dell’amministratore non può ritenersi né liquido né esigibile (Sez. 2, Sentenza n. 14197 del 2011; Sez. 2 – , Ordinanza n. 7874 del 19/03/2021).
4. Per queste ragioni il ricorso è respinto, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate in dispositivo, in favore del Condominio XXXXX
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Condominio XXXXX al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida complessivamente in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 31 maggio 2023.