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CASSAZIONE CIVILE ORDINANZA N. 27836/2023 DEL 3 OTTOBRE 2023

Impugnazione delibera assembleare – Art. 1137 c.c. – sindacato dell’autorità giudiziaria

Si deve fare applicazione del principio secondo il quale il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla contrarietà alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall’assemblea dei condomini, ai sensi dell’art. 1137 cod. civ., è limitato a un riscontro di legittimità delle decisione, avuto riguardo all’osservanza delle norme di legge o del regolamento ovvero all’eccesso di potere, inteso quale controllo del legittimo esercizio del potere di cui l’assemblea medesima dispone, e non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui l’assemblea dispone, o alla valutazione della convenienza economica di quanto deliberato (Cass. Sez. 2 13-5-2022 n. 15320 Rv. 664798-01, Cass. Sez.6-2 25-2-2020 n. 5061 Rv. 657265-01, Cass. Sez. 2 20-6-2012 n. 10199 Rv. 622882-01). Inoltre, è acquisito il principio secondo il quale le delibere assembleari sono nulle, tra l’altro, nel caso in cui siano contrarie a norme imperative e siano assunte in materie che esulano dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135 n. 2 e 3 cod. civ. e sono annullabili nel caso in cui, pur assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, abbiano a oggetto la ripartizione tra i condomini delle spese in violazione dei criteri previsti dalla legge o dal regolamento (Cass. Sez. U 14-4-2021 n. 9839 Rv. 661084-03, Cass. Sez. U 7-3-2005 n. 4806 Rv. 579439-01). Ne consegue che esulano dall’ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti, come nella fattispecie, alla scelta dell’assemblea di non dare corso a un contratto già concluso, in quanto non si tratta di scelte assunte dall’assemblea esorbitando dall’ambito dei suoi poteri; l’eventuale erronea valutazione giuridica che abbia indotto l’assemblea ad assumere anche la decisione di promuovere la lite non incide in sé sulla legittimità della delibera, come confermato dal fatto che l’art. 1132 cod. civ. tutela il condomino dissenziente dandogli la possibilità di separare la propria responsabilità da quella del condominio nella forma ivi prevista.


ORDINANZA

sul ricorso n. 12974/2018 R.G. proposto da:

YYYYY, c.f. Omissis, rappresentata e difesa dall’avv. Omissis, elettivamente domiciliata in Omissis presso di lei, nel suo studio in Omissis

ricorrente

contro

Condominio XXXXX, c.f. Omissis, in persona dell’amministratore pro tempore Omissis, rappresentata e difesa dall’avv. Omissis, elettivamente domiciliata in Omissis presso di lei, nel suo studio in Omissis

controricorrente

avverso la sentenza n. 1888/2017 della Corte d’appello di Roma pubblicata il 22-3-2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 8-9-2023 dal consigliere Omissis

OGGETTO:

condominio –

impugnazione di delibera assembleare

FATTI DI CAUSA

1.YYYYY, proprietaria di unità nel Condominio XXXXX, impugnò avanti il Tribunale di Roma la delibera assembleare di data 11-10-2007, deducendone l’illegittimità in quanto assunta in violazione dell’art. 1453 cod. civ.. Dichiarò che il Condominio, con precedente delibera del 31-5-2007, da lei impugnata in separato giudizio, aveva deliberato di risolvere il contratto di appalto stipulato il 18-5-2006 con la ditta Omissis, avente a oggetto l’esecuzione di lavori nello stabile condominiale, e con la delibera 11-10-2007 aveva deciso di dare nuovo incarico per l’esecuzione delle opere a Omissis per il prezzo di Euro 45.000,00; sostenne che tale delibera era invalida in quanto il Condominio non aveva il potere di risolvere il primo contratto di appalto e stipularne uno nuovo con diverso soggetto.

Il Tribunale di Roma con sentenza n. 12540 depositata il I-6-2010 rigettò l’impugnazione alla delibera.

2.A seguito di appello di YYYYY, la Corte d’appello di Roma ha pronunciato la sentenza n. 1888 pubblicata il 22-3-2017.

La sentenza ha dichiarato fondata la prima doglianza dell’appellante, con la quale era stata dedotta l’erroneità della sentenza impugnata per avere il primo giudice rigettato la domanda sulla base del presupposto che il Tribunale di Roma con la sentenza n. 8280/2010 avesse definitivamente rigettato l’impugnativa avverso la prima delibera. Ha rilevato che la sentenza n. 8280 era stata impugnata e non era passata in giudicato e quindi il primo giudice non avrebbe potuto ritenere che l’impugnativa avverso la prima delibera fosse stata definitivamente rigettata.

La sentenza ha altresì dichiarato fondato il secondo motivo di appello, con il quale l’appellante si lamentava del fatto che il primo giudice avesse ritenuto che il contratto con la ditta Omissis fosse stato risolto con la delibera del 31-7-2007, perché la sentenza n. 8280 aveva escluso che detta delibera avesse risolto il contratto di appalto. Ha osservato che la sentenza n. 8280 aveva rigettato l’impugnazione sul presupposto che l’assemblea in data 31-7-2007 non avesse assunto alcuna decisione sulla risoluzione del contratto di appalto con Omissis, ma si fosse semplicemente limitata a fare propria la linea esposta da un legale per la risoluzione del contratto; quindi ha dichiarato che il primo giudice aveva male interpretato la sentenza n. 8280 che aveva posto a fondamento della propria decisione, in quanto il Tribunale di Roma aveva rigettato la prima impugnazione proprio perché aveva ritenuto che la deliberazione del 31 maggio 2007 non aveva risolto il contratto di appalto con Omissis; ha rilevato che era erroneo il convincimento del primo giudice laddove, nel rigettare l’impugnazione alla delibera 11-10-2007, aveva affermato che la risoluzione del contratto di appalto con la ditta Omissis era stata già disposta con la delibera precedente e che perciò fosse legittima la scelta di affidare i lavori ad altra impresa.

Di seguito la sentenza, esaminando il terzo motivo di appello, ha dichiarato che la delibera 11-10-2007, con riguardo al primo punto all’ordine del giorno relativo ai lavori appaltati alla ditta Omissis, aveva riservato di intraprendere azione legale nei confronti della ditta Omissis, aveva proceduto all’analisi dei nuovi preventivi e aveva deliberato di dare incarico a Omissis. Ha rilevato che, non avendo l’appellante YYYYY lamentato alcunché in ordine alla scelta della ditta Omissis -se non il fatto che non si potesse dare un nuovo incarico ad altra ditta prima di risolvere in via giudiziaria il contenzioso con la Omissis- né in ordine alla regolarità formale dell’assemblea, né in ordine al quorum deliberativo, la delibera era valida ed efficace. Ha concluso perciò che l’impugnazione non poteva essere accolta e che l’appello doveva essere rigettato, per cui in dispositivo ha rigettato l’appello e condannato l’appellante alla rifusione a favore del Condominio appellato delle spese di lite del grado.

3.Con atto notificato il 23-4-2018 YYYYY ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso la sentenza, non notificata, sulla base di due motivi.

Il Condominio XXXXX ha resistito con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

All’esito della camera di consiglio del giorno 8-9-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo rubricato “nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156 comma 2 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.” la ricorrente rileva un contrasto insanabile tra la motivazione della sentenza e il dispositivo, che non consente di individuare l’effettiva statuizione. Evidenzia che la Corte d’appello ha dichiarato fondati i primi due motivi di appello e ha rigettato il terzo, ma in modo inspiegabile non ha tratto alcuna conseguenza processuale dall’accoglimento dei primi due motivi di gravame, mentre avrebbe dovuto accogliere parzialmente l’appello. Quindi sostiene che la sentenza sia non solo contraddittoria, ma anche inidonea a rendere conoscibile il contenuto della pronuncia giudiziale, stante l’insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo.

1.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, sussiste contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, che determina la nullità della sentenza, solo quando il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e quindi del diritto o bene riconosciuto, in quanto il contrasto sia tale da escludere una valutazione di prevalenza di una delle due contrastanti affermazioni contenute nella decisione (Cass. Sez. 2 19-4-2022 n. 12434, Cass. Sez. 6-1 27-6-2017 n. 16014 Rv. 644806-01, Cass. Sez. 5 30-12-2015 n. 26077 Rv. 638110-01). E’ altresì acquisito, già da prima della riformulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. disposta dall’art. 54 d.l. 22-6-2012 n. 83 conv. in legge 7-8-2012 n134, il principio secondo il quale il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorché, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze su quella che è stata la volontà del giudice (Cass. Sez. U. 22-12-2010 n. 25984 Rv. 615519-01, Cass. Sez. 1 18-2-2015 n. 3270 Rv. 634408-01). Il vizio di motivazione contraddittoria sussiste solo in presenza di contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata che non consenta l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, sicché il vizio non è ipotizzabile nel caso in cui la contraddizione riguardi le contrastanti valutazioni compiute dal giudice di primo grado e da quello di appello, dovendo altrimenti ritenersi contraddittorie tutte le sentenze di secondo grado che abbiano motivato in modo difforme dalla sentenza di primo grado (Cass. Sez. L 17-8-2020 n. 17196 Rv. 658536-01, Cass. Sez. 3 9-2-2004 n. 2427 Rv. 569997-01, per tutte). La sentenza di appello, anche se confermativa, si sostituisce totalmente a quella di primo grado, sicché il giudice del gravame ben può, in dispositivo, confermare la decisione impugnata e in motivazione enunciare, a sostegno di tale statuizione, ragioni e argomentazioni diverse da quelle addotte dal giudice di primo grado, senza che sia per questo configurabile una contraddittorietà tra il dispositivo e la motivazione della sentenza d’appello (Cass. Sez. 6-5 14-2-2014 n. 3594 Rv. 629986-01, Cass. Sez. 5 25-1-2008 n. 1604 Rv. 601475-01).

Nella fattispecie, effettivamente la motivazione della sentenza impugnata è erronea, laddove ha dichiarato di accogliere i primi due motivi di appello: l’accoglimento delle argomentazioni svolte dall’appellante con i primi due motivi di appello per confutare le ragioni poste dal giudice di primo grado a fondamento del rigetto dell’impugnativa della delibera assembleare non erano tali da fare ritenere che la delibera fosse illegittima e quindi la Corte d’appello non avrebbe dovuto dichiarare in motivazione di accogliere i primi due motivi di appello. Il giudice di primo grado aveva dichiarato che la sentenza n. 8280/2010 del Tribunale di Roma aveva definitivamente rigettato l’impugnativa alla delibera 31-5-2007 e la sentenza impugnata ha rilevato che era corretta la deduzione svolta dall’appellante con il primo motivo, secondo la quale quella sentenza n. 8280 non era ancora definitiva in quanto era stata oggetto di appello. Inoltre, il giudice di primo grado aveva ritenuto che il contratto di appalto con la ditta Omissis fosse stato risolto dalla delibera 31-5-2007 e la sentenza impugnata ha dichiarato che era corretta la deduzione svolta dall’appellante con il secondo motivo di appello, perché il giudice di primo grado aveva erroneamente affermato che la risoluzione del contratto di appalto era già stata disposta dalla delibera 31-5-2007. Però di seguito la sentenza impugnata ha espressamente escluso che la delibera impugnata fosse affetta da un qualche vizio, riferito al suo contenuto o alle modalità di approvazione, e per questa ragione ha rigettato la domanda avente a oggetto l’impugnazione alla delibera e l’appello. In questo modo la sentenza impugnata ha confermato il rigetto della domanda già pronunciato dal giudice di primo grado, per ragioni diverse da quelle ritenute dal giudice di primo grado; seppure ha commesso l’errore di dichiarare fondati i primi due motivi di appello (senza considerare che la fondatezza degli argomenti svolti con quei due motivi non era idonea a ritenere l’illegittimità della delibera), tale errore non comporta alcuna incertezza sul procedimento logico-giuridico in forza del quale la sentenza è giunta alla conclusione di ritenere la delibera assembleare legittima.

In conclusione, non sussiste contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, perché il dispositivo di rigetto dell’appello è conforme alla motivazione della sentenza che ha escluso l’illegittimità della delibera. L’accoglimento delle critiche proposte dall’appellante alla motivazione svolta dal giudice di primo grado non sono state esposte dalla Corte territoriale al fine di ritenere la legittimità della delibera, così da configurarsi un contrasto irrisolvibile tra ragioni tra loro contraddittorie. Quelle argomentazioni di accoglimento delle critiche dell’appellante alla sentenza di primo grado sono state eseguite soltanto per escludere che le ragioni svolte dal giudice di primo grado potessero essere integralmente condivise; però, non si trattava di argomentazioni che potessero risolversi nella dichiarazione di accoglimento dei primi due motivi di appello.

2.Con il secondo motivo rubricato “violazione dell’art. 1453 c.c. in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.” la ricorrente sostiene che la sentenza abbia violato l’art. 1453 cod. civ. quando, nel rigettare il terzo motivo di appello, ha qualificato come legittima la scelta dell’assemblea di affidare l’appalto ad altra ditta. Rileva che la motivazione è in contraddizione con l’accoglimento del secondo motivo di gravame, laddove la Corte aveva affermato che la precedente delibera 31-5-2007 non aveva risolto l’appalto con Omissis Costruzioni ed evidenzia che la delibera ha violato il disposto dell’art. 1453 cod. civ., ritenendo di potere risolvere unilateralmente il primo contratto di appalto; sostiene perciò che la stipula del secondo contratto di appalto, in sovrapposizione con quello in essere, fosse illegittima e che la delibera impugnata avesse avuto l’efficacia di risolvere il primo contratto con Omissis, di affidare i lavori a Omissis e conclamare definitivamente l’inadempimento del Condominio alle obbligazioni assunte con Omissis.

2.1.Il motivo è inammissibile in quanto formulato ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. senza individuare il fatto decisivo di cui si lamenti l’omesso esame; il motivo, anche riqualificato ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 1453 cod. civ., è infondato.

Si deve fare applicazione del principio secondo il quale il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla contrarietà alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall’assemblea dei condomini, ai sensi dell’art. 1137 cod. civ., è limitato a un riscontro di legittimità delle decisione, avuto riguardo all’osservanza delle norme di legge o del regolamento ovvero all’eccesso di potere, inteso quale controllo del legittimo esercizio del potere di cui l’assemblea medesima dispone, e non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui l’assemblea dispone, o alla valutazione della convenienza economica di quanto deliberato (Cass. Sez. 2 13-5-2022 n. 15320 Rv. 664798-01, Cass. Sez.6-2 25-2-2020 n. 5061 Rv. 657265-01, Cass. Sez. 2 20-6-2012 n. 10199 Rv. 622882-01). Inoltre, è acquisito il principio secondo il quale le delibere assembleari sono nulle, tra l’altro, nel caso in cui siano contrarie a norme imperative e siano assunte in materie che esulano dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135 n. 2 e 3 cod. civ. e sono annullabili nel caso in cui, pur assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, abbiano a oggetto la ripartizione tra i condomini delle spese in violazione dei criteri previsti dalla legge o dal regolamento (Cass. Sez. U 14-4-2021 n. 9839 Rv. 661084-03, Cass. Sez. U 7-3-2005 n. 4806 Rv. 579439-01). Ne consegue che esulano dall’ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti, come nella fattispecie, alla scelta dell’assemblea di non dare corso a un contratto già concluso, in quanto non si tratta di scelte assunte dall’assemblea esorbitando dall’ambito dei suoi poteri; l’eventuale erronea valutazione giuridica che abbia indotto l’assemblea ad assumere anche la decisione di promuovere la lite non incide in sé sulla legittimità della delibera, come confermato dal fatto che l’art. 1132 cod. civ. tutela il condomino dissenziente dandogli la possibilità di separare la propria responsabilità da quella del condominio nella forma ivi prevista.

Ciò posto, non sussiste nella sentenza impugnata neppure la contraddizione lamentata dalla ricorrente. Nell’esaminare il secondo motivo di appello la Corte territoriale ha escluso che la precedente delibera 31-5-2007 avesse risolto il primo contratto di appalto e che in tal senso fosse stata la pronuncia della sentenza n. 8280/2008 del Tribunale di Roma. Di seguito, nell’esaminare il terzo motivo di appello, la Corte ha escluso che la delibera 11-10-2017 avesse risolto il primo contratto di appalto, dichiarando che l’assemblea aveva dato per scontato che lo stesso fosse già stato risolto a seguito della linea esposta dal legale nella precedente adunanza, tanto che l’amministratore era stato convocato unitamente al direttore dei lavori dai Carabinieri per una denuncia querela proposta dalla ditta Omissis. Questo non significa che la Corte territoriale abbia dichiarato, in contraddizione con la precedente affermazione, che la risoluzione del contratto fosse stata disposta dalla delibera 31-5-2007: la risoluzione o comunque la mancata esecuzione del contratto, a prescindere dal contenuto delle delibere assembleari, poteva essere la conseguenza del comportamento posto in essere dai due contraenti, dal Condominio che aveva deciso di non dare corso ai lavori e dall’appaltatore Omissis che aveva proposto denuncia querela contro il Condominio. Quindi, la sentenza impugnata ha soltanto evidenziato che la delibera 11-10-2007 è stata assunta sulla base del presupposto che il primo contratto di appalto fosse stato risolto o comunque non sarebbe stato eseguito, e non per il fatto che la risoluzione fosse stata disposta dalla delibera 31-5-2007. Inoltre, la sentenza impugnata, nell’escludere che l’illegittimità della delibera derivasse dal fatto di avere deliberato di dare incarico per i lavori ad altra ditta prima di risolvere in via giudiziaria il contenzioso con la ditta Omissis, ha rispettato i limiti del sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari che sono stati sopra esposti; ciò in quanto la scelta di concludere un secondo contratto spettava alla valutazione discrezionale dell’assemblea e nessuno degli argomenti del ricorrente è volto a prospettare che la deliberazione relativa alla stipulazione di tale secondo contratto fosse espressione di un eccesso di potere.

3.Ne consegue che il ricorso deve essere integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.

In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario, iva e cpa ex lege.

Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 8-9-2023