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CASSAZIONE CIVILE ORDINANZA  N. 14003/2023 DEL 22 MAGGIO 2023

Art. 1117 c.c. – Varco muro dell’edificio condominiale – Androne e scale edificio

Il motivo non può essere accolto. Il giudice d’appello, nel qualificare l’apertura del varco nel muro dell’edificio condominiale da parte di Omissis quale uso della parte comune, ha seguito l’orientamento di questa Corte. E’ infatti costante l’affermazione secondo la quale “l’androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., anche dei proprietari di locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, il tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte o a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto o a terrazza; è pertanto legittima, e non costituisce spoglio, l’apertura praticata dal proprietario esclusivo di un terraneo con accesso diretto dalla strada, per accedere all’androne, in quanto diretto a utilizzare una parte dell’edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini” (così Cass. n. 761/1979; più di recente v. Cass. n. 9036/2006).

ORDINANZA

sul ricorso Omissis proposto da:

Condominio XXXXX, rappresentato e difeso per procura a margine del ricorso dall’avvocato Omissis ed elettivamente domiciliato in Omissis presso lo studio dell’avvocato Omissis;

– ricorrente –

contro

YYYYY, rappresentati e difesi per procura in calce al controricorso dagli avvocati Omissis ed elettivamente domiciliati a Omissis presso lo studio dell’avvocato Omissis;

– controricorrenti –

avverso la SENTENZA n. 654/2016 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, depositata il 19 dicembre 2016;

udita la relazione della causa, svolta dal Consigliere Omissis, nell’adunanza in camera di consiglio del 28/11/2022.

PREMESSO CHE

1. Il Tribunale di Sassari, per quanto interessa in questo giudizio, ha accolto la domanda del Condominio XXXXX di accertamento dell’inesistenza del diritto del convenuto Omissis (cui sono succeduti ex art. 111 c.p.c. i coniugi YYYYY) di accedere al vano scala condominiale e di condanna del medesimo al ripristino dei luoghi, mediante la chiusura della porta di accesso dal vano scala al locale di sua proprietà e del “tubo volante”. Il convenuto, ad avviso del Tribunale, con l’apertura nella parete condominiale di una porta di accesso al vano scala, porta volta a consentire l’ingresso alla sua unità immobiliare costituita da un piano ammezzato ricavato con la costruzione di un soppalco, aveva posto in essere una illegittima alterazione alla destinazione e al godimento di un bene condominiale.

2. YYYYY hanno impugnato la sentenza. La Corte d’appello di Cagliari, dopo avere disposto un supplemento della consulenza tecnica d’ufficio, ha parzialmente accolto il gravame.

Precisata la natura di bene comune delle scale, il giudice ha ricordato la giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di apertura di varchi nel muro condominiale e ha concluso per la legittimità dell’apertura della porta d’accesso al vano scale; ha così rigettato la domanda del Condominio di ripristino dello stato dei luoghi.

3. Avverso la sentenza n. 654/2016 della Corte d’appello il Condominio XXXXX ricorre per cassazione.

Resistono con controricorso YYYYY .

Il ricorrente e i controricorrenti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1. Il primo motivo denuncia “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 1102 c.c. e all’art. 1120 c.c.”: Omissis, proprietario dei magazzini posti al piano terra del Condominio, nel 2002 ha realizzato una porta di accesso all’interno del vano scala che conduce alle singole unità immobiliari, al fine di creare un ingresso autonomo alla unità immobiliare di sua proprietà posta al piano ammezzato, creata attraverso il frazionamento in senso orizzontale dei magazzini; la Corte d’appello ha erroneamente fatto rientrare tale fattispecie tra le modificazioni dirette solamente a un migliore uso della cosa comune quando invece su tratta di una innovazione che necessitava di essere autorizzata dal condominio ex art. 1120 c.c.

Il motivo non può essere accolto. Il giudice d’appello, nel qualificare l’apertura del varco nel muro dell’edificio condominiale da parte di Omissis quale uso della parte comune, ha seguito l’orientamento di questa Corte. E’ infatti costante l’affermazione secondo la quale “l’androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell’art. 1117 c.c., anche dei proprietari di locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, il tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte o a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto o a terrazza; è pertanto legittima, e non costituisce spoglio, l’apertura praticata dal proprietario esclusivo di un terraneo con accesso diretto dalla strada, per accedere all’androne, in quanto diretto a utilizzare una parte dell’edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini” (così Cass. n. 761/1979; più di recente v. Cass. n. 9036/2006).

2. Il secondo motivo denuncia “violazione e/o anche falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 96 c.p.c., con espresso riferimento alla liquidazione delle spese da parte del giudice d’appello”: la Corte d’appello ha compensato le spese processuali del secondo grado solo nella misura della metà, ponendo a carico del ricorrente la restante parte, quando invece vi è stata soccombenza reciproca (è stata confermata la condanna di rimozione del tubo idrico ed è stata rigettata l’eccezione di controparte di carenza di legittimazione dell’amministratore).

Il motivo non può essere accolto. Il provvedimento di compensazione nella misura della metà delle spese è stato fondato dal giudice sull’accoglimento parziale dell’appello e a fronte della reciproca soccombenza delle parti il giudice ha il potere, ai sensi del comma 2 dell’art. 92 c.p.c., di compensare le spese “parzialmente o per intero”.

II. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 3.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, ex art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 28 novembre 2022